Nel suo ultimo libro La Pianta del mondo (Editori Laterza), lo scienziato Stefano Mancuso ricorda come le piante abbiano un ruolo fondamentale nella regolazione del clima e nell’assorbimento dell’anidride carbonica e come, pur rappresentando l’85% degli organismi viventi sul pianeta terra, siano state spesso messe da parte. Eppure costituiscono la nervatura sulla quale è costruito l’intero mondo in cui viviamo e tante, tantissime storie cominciano proprio con una di loro. Storie di ideali e libertà, di progresso e scienza. Ma anche di note ineguagliabili.
Gli alberi della musica? Sono gli abeti rossi.
È soltanto con l’abete rosso che si può fare una tavola armonica alla Stradivari. Il celebre liutaio italiano costruì 14 tra viole e violini partendo da un singolo esemplare. Pare che la perfetta conduzione del suono in questa pianta sia dovuta ai micro canali resiniferi che la percorrono lungo tutto il tronco. C’è di più: per avere un buon legno di risonanza, servono alberi con un diametro di almeno sessanta cm (tra i centocinquanta e i duecento anni di vita) e con una giusta densità, caratteristica che si ottiene solo con una crescita lenta, in condizioni climatiche stabili e ad una certa altitudine.
Non a caso, uno dei segreti della grande liuteria del Settecento sembrerebbe proprio risiedere nella crescita particolarmente lenta cui furono soggetti gli alberi di abete a causa della cosiddetta piccola età glaciale, verificatasi tra il quindicesimo e il diciannovesimo secolo.
Oggi la musica è cambiata. C’è il suono del vento che con l’innalzarsi delle temperature schianta a terra migliaia di abeti rossi. In Trentino, la tempesta del 2018 ha danneggiato anche il bosco da cui, da sempre, si ricava la legna per gli strumenti musicali. Non che l’abete rosso sia l’unico legno usato per costruire un violino. Mancuso elenca l’acero montano, l’ebano, il palissandro e il bosso. Ma puntualizza: è solo dall’abete rosso che può uscire un suono divino. Chi ha provato a suonare uno Stradivari lo sa.